La diagnosi è utile o dannosa per il bambino?

Molti Autori sottolineano la gratitudine che la gente prova nel ricevere la diagnosi di ADHD per il proprio figlio o per se stessa. Molti pensano che questa sia una buona pratica di salute mentale perché solleva individui ed educatori dai mille sensi di colpa nell’aver prodotto i problemi dei figli. Affibbiare l’etichetta al bambino conferma l’opinione dei genitori che il bambino funziona diversamente e che i problemi di comportamento non hanno a che fare con loro. La diagnosi di ADHD permette anche alla scuola di ritenere che il bambino sia fonte dei suoi problemi e di ottenere fondi per le risorse delle classi speciali. La certificazione di una malattia medica facilita l’uso di farmaci come il metilfenidato, il cui uso sarebbe molto meno giustificabile nel caso si parlasse di un cattivo adattamento fra bambino da un lato ed educatori dall’altro.

Gli aspetti negativi dell’etichettatura diagnostica non possono comunque essere ignorati:

  1. Questa diagnosi ha un valore pratico limitato per insegnanti, psicologi e medici, in quanto non esplicita i problemi e le risorse di quel particolare bambino. Non contiene informazioni sulle abilità e sui deficit specifici cognitivi del bambino, non indica le aree di lavoro per genitori e insegnanti. Il complesso fenomeno dell’attenzione è codificato in maniera troppo semplicistica per averne un uso clinico. Motivazioni e adattamenti comportamentali non sono analizzati separatamente.
  2. La gestione del problema è inficiata dal fatto che parenti e genitori sono esclusi a priori da ogni responsabilità, e tutto questo insieme alla presunzione che di fatto il farmaco è la sola forma di trattamento. Se non si considerano le influenze dell’ambiente sul comportamento del bambino, si rinuncia da subito a possibili interventi positivi sul problema. Non si considera alcuna interazione tra temperamento infantile e atteggiamenti educativi degli adulti. Reid (55) afferma che gli insegnanti, dato che sono parte dell’ambiente del bambino, sicuramente fanno parte del problema e anche della sua eventuale soluzione. D’altro canto le risorse sempre maggiori offerte ai bambini che ricevono questa diagnosi privano bambini in difficoltà educativa, e senza questa diagnosi di ogni misura di intervento, o possono spingere gli operatori ad estendere impropriamente questa diagnosi.
  3. Questa diagnosi a lungo termine può rivelarsi stigmatizzante e dannosa in misura attualmente ancora non prevedibile. L’etichetta di disfunzione cerebrale apparentemente utile al bambino oggi può essergli nociva domani rispetto al lavoro, al servizio militare, al sistema assicurativo, all’acquisizione di patenti di vario tipo.
  4. “La natura eterogenea dei gruppi oggi identificati con la diagnosi di ADHD di fatto impedisce ogni progresso scientifico, in quanto si oppone a indagare le diverse eziologie e i diversi meccanismi che soggiacciono a questo sintomo, a seguire longitudinalmente le diverse storie naturali, a confrontarsi tra esperti appartenenti a diversi orientamenti” (20).

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