IL DSM – (Manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali), e la sua relazione con l’ADHD (Sindrome da Deficit di Attenzione e Iperattività).

Questo manuale venne sviluppato con lo scopo di garantire un linguaggio comune ed una maggiore uniformità di criteri diagnostici in ambito psichiatrico, nelle varie nazioni ed aree geografiche.

Tale scopo aveva una sua ragione, ma col tempo la situazione si è sostanzialmente modificata.

Nel corso degli anni il DSM si è progressivamente accresciuto, con l’aggiunta di molte nuove “patologie” psichiatriche. Ogni nuova entità nosologica elencata viene stabilita attraverso discussione e voto di gruppi di esperti. Questo è un criterio certamente democratico e altrettanto certamente non scientifico.

In medicina non potremmo mai stabilire, per decisione, che il colera non è una malattia e nemmeno che lo è: ciò dipende da prove e fatti incontrovertibili. In psichiatria l’omosessualità e la masturbazione sono state per lungo tempo considerate patologie, mentre oggi non lo sono più; il gioco d’azzardo è sempre stato considerato un problema di carattere morale, oggi ci dicono sia una malattia.

Col passare degli anni, i compilatori del DSM si sono accorti che potevano estendere la propria influenza e i propri interessi nei riguardi di una quantità pressoché infinita di atteggiamenti o problemi umani.

Alcuni osservatori più critici, ricordano le origini storiche di questo particolare approccio psichiatrico, che come vedremo sono da porre in diretta relazione con alcuni aspetti del fenomeno ADHD di nostro interesse.

Nel 1940 lo psichiatra J.R. Rees, nel suo “Piano strategico per la salute mentale” (65), dichiarava: “Se dobbiamo infiltrare le attività sociali e professionali di altre persone, ritengo dobbiamo emulare i totalitaristi ed organizzarci come una sorta di quinta colonna… Abbiamo portato a termine un attacco efficace ad un certo numero di professioni. Le due più facili da colpire sono naturalmente l’insegnamento e la religione, le due più difficili sono la legge e la medicina. Non dobbiamo quindi più parlare di “igiene mentale”, ma usare il termine “salute mentale”. Agiamo quindi in modo segreto come una vera quinta colonna…”

Qualche anno più tardi, nel 1946, lo psichiatra canadese Brock Chisholm, fondatore della World Federation for Mental Health, una delle massime istituzioni psichiatriche mondiali, scriveva : “…sarà certo un grande vantaggio per il mondo se la psichiatria occuperà quel ruolo di dominio sulla prevenzione, laddove un enorme lavoro deve essere svolto… L’obiettivo finale di qualunque efficace approccio psichiatrico e psicologico è quello di reinterpretare ed eventualmente sradicare i concetti di giusto e sbagliato… Se la razza umana deve essere liberata dal fardello paralizzante della morale, del bene e del male, devono essere gli psichiatri ad assumersi la responsabilità di tale compito.” (66)

L’idea di una psichiatria che guida i destini del mondo, procedendo attraverso la selezione della migliore specie umana, si andava quindi già diffondendo da molti anni.

L’eugenetica, principio fondamentale cui i nazisti si ispirarono, nacque ben prima del nazismo e non morì con esso. Il più influente ed importante scienziato dell’era Nazista fu certamente il dott. Ernst Rudin, che nel 1905 aveva fondato la “Società Tedesca per l’Igiene Razziale”, assieme a suo cognato, lo psichiatra Alfred Ploetzl [67]. Eletto presidente della “Federazione Internazionale delle Organizzazioni per l’Eugenetica” e del “Comitato per la Psichiatra Razziale” nel 1932 [68], con la salita al potere di Hitler nel 1933, Rudin comandò il programma coordinato da Heinrich Himmler per l’eliminazione di 375.000 cittadini tedeschi ritenuti “inferiori”, programma che precedette l’olocausto (69).

Durante il processo di Norimberga furono messi sotto accusa solo i medici che lavorarono direttamente nei campi di concentramento, e nemmeno tutti. Tralasciando alcuni altri, individuati molti anni più tardi, come gli psichiatri Heyde e Lotte, tutte le menti ideologiche dell’eugenetica rimasero e sono rimaste libere di praticare e soprattutto di insegnare (70). Rudin, in quanto cittadino svizzero, subì solo un breve periodo di arresti domiciliari e morì nel 1952 (71).

Per tornare dalla storia – pur recente – alla cronaca dei nostri anni, l’edizione del 1994, del noto “Comprehensive Textbook of Psychiatry” celebrava Rudin in quanto “padre” delle teorie sulle origini genetiche della schizofrenia. Nel 1990, la National Alliance for Research on Schizophrenia and Depression ha pubblicato un articolo dove si ringraziava Rudin per il suo lavoro pionieristico (!) nel campo della psichiatria genetica (72).

L’allievo e successore di Rudin all’Istituto Kaiser Wilhelm, Dr. Franz J. Kallmann, spostò la propria cattedra al New York State Psychiatric Institute [NYSPI] della Columbia University, dove divenne il responsabile dei programmi di psichiatria genetica (73). Dopo l’olocausto Kallmann testimoniò personalmente in favore dello psichiatra Otmar Von Verschuer, uno degli psichiatri che selezionarono personalmente gli individui da uccidere durante il programma di sterminio. Con l’aiuto di una parte della comunità psichiatrica di allora, Von Verschuer fu condannato a pagare appena 300 dollari di multa e venne liberato (74).

Entrambi collaborarono negli anni 50′ al programma statunitense di “Eugenetica negativa”, per la soppressione della riproduzione degli individui “inferiori” (75). Kallmann lavorò a lungo con la dottoressa Linda Erlenmeyer-Kimling, esperta di genetica, sempre al NYSPI.

La Erlenmeyer-Kimling, assieme a Kallmann, è l’autrice dei primi studi sulla necessità di individuare precocemente i disturbi mentali sin dalla prima infanzia. La precoce identificazione dei bambini come portatori dei geni della follia era anche lo scopo principale del lavoro di Ernst Rudin.

Nel 1971 la American Eugenics Society cambiò il suo nome, divenendo la American Social Biology Society (76): “biologia sociale” era il termine utilizzato dal nazista Ernst Rudin per definire la propria scuola di pensiero. A partire dagli anni 70 ‘ e 80’ i lavori della Erlenmeyer-Kimling sono la base su cui vengono fondati i programmi di screening finalizzati ad individuare nei bambini i segni dei “disturbi mentali” (77).

Questi sono tutti rilievi oggettivi di carattere storico, inconfutabili ed espressi in questo contesto senza essere accompagnati da alcuna valutazione di merito.

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