I questionari diagnostici sono validi?

Non è facile presentare una rassegna esauriente dei vari modi in cui oggi medici, psicologi e insegnanti giungono alla diagnosi di ADHD. Il DSM-IV si limita a descrivere i criteri diagnostici, riferisce che al momento non ci sono test diagnostici fisici o di laboratorio affidabili, e lascia al professionista la discrezionalità degli strumenti da usare. Vista la premessa, è naturale che la maggior parte degli operatori scelga i metodi più semplici e disponibili. Di solito la maggior parte dei pediatri o dei medici di famiglia si basa o su una intervista informale ispirata ai criteri del DSM-IV (40); oppure usa uno dei questionari designati allo scopo. I più noti sono i questionari di Conners: Parent Rating Scale-Revised per i genitori e Teacher Rating Scale-Revised per gli insegnanti, di cui esiste anche una forma abbreviata, e che possono essere compilati in pochi minuti. Questa è la modalità più frequentemente impiegata secondo vari Autori (41-42). Nonostante la loro grande diffusione, queste scale e la loro standardizzazione su varie popolazioni sollevano diversi e importanti problemi metodologici. Non soddisfano completamente i criteri psicometrici di base. Gli item che definiscono una condizione sono pochi di numero. Ciascun item è definito, lo si è già detto, in termini non operazionali e altamente soggettivi (“parla eccessivamente”, “si agita” ecc.). Il compilatore non ha criteri per capire che cosa significa “troppo”, “spesso” ecc. La risposta, che deve scegliere sulla frequenza del comportamento tra talvolta e spesso, non reca indicatori di riferimento. Il questionario perciò attribuisce al compilatore la totale responsabilità di decidere non solo se il comportamento c’è o non c’è, ma anche, quando c’è, se esso è normale o eccessivo. Il questionario suppone che la risposta del compilatore sia oggettiva. Le differenze di esperienza, tolleranza, stato emotivo, o altre qualità del genitore o dell’insegnante non vengono tenute in alcun conto. Questi questionari possono essere più una misura del disagio del genitore o dell’insegnante piuttosto che della disabilità del bambino. E nonostante questa vaghezza, i sostenitori delle scale pretendono che queste forniscano una accurata diagnosi di tipo sì-no della sindrome ADHD.

Ma le insufficienze psicometriche delle scale portano ad alcune spiacevoli conseguenze. La correlazione tra diversi tipi di scale usate a questo scopo è molto bassa (43), la concordanza tra adulti diversi che valutano lo stesso bambino è molto bassa, il problema della comorbilità non è valutato. Questa mancanza di precisione delle scale ha portato allo sviluppo di varie tecniche nuove e non ancora validate, come il test di performance continua con EEG (44). Reid e Maag (45) concludono che: “Dato che le scale di valutazione pretendono di essere oggettive, i professionisti possono derivare dai loro punteggi la diagnosi certa di ADHD. Ma siccome la diagnosi con una scala può essere altrettanto accurata di un lancio della moneta a testa o croce, le scale non possono in alcun modo sostituire la valutazione informata del professionista…”.

In sintesi, le scale correntemente usate per la diagnosi di ADHD sono soggettive e impressionistiche, non rappresentano altro che la percezione e il disagio di insegnanti o genitori, non possono sostituire l’intervista clinica e l’osservazione diretta né tanto meno possono deporre per una diagnosi di disfunzione cerebrale.

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