3% DEI MINORI ITALIANI CON IPERATTIVITA’ A RISCHIO: IRRESPONSABILI ALLARMISMI?

Fonte: Sanihelp.it

Al 68° congresso della Società Italiana di Pediatria, il professor Paolo Curatolo, psichiatra dell’Università Tor Vergata di Roma, ha posto l’accento sugli sbalzi di umore di alcuni ragazzi in età adolescenziale. «Facile irritabilità, cambiamenti repentini dell’umore, isolamento, perdita di interessi, scarsa tolleranza alle frustrazioni sono campanelli d’allarme che devono indurre la famiglia a vigilare», ha detto l’esperto.
Sempre secondo Curatolo, tra i fattori di rischio rientra il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), che interesserebbe il 3% della popolazione pediatrica e che in un terzo dei casi tende ad aggravarsi, portando a problemi psichiatrici nell’età giovanile tre volte tanto rispetto a chi non ha questa sindrome.
Anche il professor Claudio Mencacci, Direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli di Milano, in occasione di un incontro con i giornalisti ha ribadito che: «L’ADHD è uno dei disturbi psichiatrici più frequenti nell’infanzia ed è ampiamente dimostrato che si protrae ben oltre l’adolescenza. Un bambino con ADHD, se non curato, può diventare un adolescente con disturbi della condotta sociale e una possibile predisposizione a patologie correlate e all’abuso di sostanze psicotrope».
Lo specialista ricorda anche che l’ADHD è un disturbo neurobiologico vero e proprio, che coinvolge il cervello, ufficialmente riconosciuto da istituzioni e medici esperti e per la cui diagnosi vengono usati strumenti ed esami specifici.Secondo la professoressa Emilia Costa, Professore Emerito di Psichiatria a Roma, invece, l’allarme è ingiustificato e non si può parlare di malattia. «Le variazioni di temperamento sono parte integrante del periodo adolescenziale: definire campanelli d’allarme atteggiamenti come l’irritabilità, i cambiamenti d’umore e la scarsa tolleranza alle frustrazioni da parte dei ragazzi mi pare solo sensazionalismo».
E a proposito dei numeri, la psichiatra commenta: «I preadolescenti iperattivi non sono il 3% dei minori italiani. Non ci stupiamo poi se centinaia di migliaia di minori si autosomministrano psicofarmaci, come confermano le statistiche più recenti. Siamo noi adulti il problema, un pessimo modello: tutto è patologia, tutto è da medicalizzare».
Anche Luca Poma, portavoce di Giù le Mani dai Bambini, movimento italiano di farmacovigilanza in età pediatrica, interviene nel dibattito: «Affermazioni allarmistiche di questo genere non fanno che aumentare il senso di ansia dei genitori e aprire la porta agli abusi di psicofarmaci, magari in automedicazione con intenti erroneamente preventivi».
«La presa in carico dei ragazzi è inquadrata nell’ambito di un approccio multimodale, ovvero una terapia comportamentale e/o psicologica, a cui può essere associata una terapia farmacologica, ma solo quando strettamente necessario – ribatte Mencacci – La scelta del trattamento per l’ADHD è complessa, non esiste un trattamento unico per tutti. Ogni intervento va adattato alle caratteristiche della persona in base all’età, alla gravità dei sintomi, ai disturbi secondari, alle risorse cognitive e alla situazione familiare e sociale», conclude il medico.

Al 68° congresso della Società Italiana di Pediatria, il professor Paolo Curatolo, psichiatra dell’Università Tor Vergata di Roma, ha posto l’accento sugli sbalzi di umore di alcuni ragazzi in età adolescenziale. «Facile irritabilità, cambiamenti repentini dell’umore, isolamento, perdita di interessi, scarsa tolleranza alle frustrazioni sono campanelli d’allarme che devono indurre la famiglia a vigilare», ha detto l’esperto.

Sempre secondo Curatolo, tra i fattori di rischio rientra il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), che interesserebbe il 3% della popolazione pediatrica e che in un terzo dei casi tende ad aggravarsi, portando a problemi psichiatrici nell’età giovanile tre volte tanto rispetto a chi non ha questa sindrome.

Anche il professor Claudio Mencacci, Direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli di Milano, in occasione di un incontro con i giornalisti ha ribadito che: «L’ADHD è uno dei disturbi psichiatrici più frequenti nell’infanzia ed è ampiamente dimostrato che si protrae ben oltre l’adolescenza. Un bambino con ADHD, se non curato, può diventare un adolescente con disturbi della condotta sociale e una possibile predisposizione a patologie correlate e all’abuso di sostanze psicotrope».

Lo specialista ricorda anche che l’ADHD è un disturbo neurobiologico vero e proprio, che coinvolge il cervello, ufficialmente riconosciuto da istituzioni e medici esperti e per la cui diagnosi vengono usati strumenti ed esami specifici.Secondo la professoressa Emilia Costa, Professore Emerito di Psichiatria a Roma, invece, l’allarme è ingiustificato e non si può parlare di malattia. «Le variazioni di temperamento sono parte integrante del periodo adolescenziale: definire campanelli d’allarme atteggiamenti come l’irritabilità, i cambiamenti d’umore e la scarsa tolleranza alle frustrazioni da parte dei ragazzi mi pare solo sensazionalismo».

E a proposito dei numeri, la psichiatra commenta: «I preadolescenti iperattivi non sono il 3% dei minori italiani. Non ci stupiamo poi se centinaia di migliaia di minori si autosomministrano psicofarmaci, come confermano le statistiche più recenti. Siamo noi adulti il problema, un pessimo modello: tutto è patologia, tutto è da medicalizzare».

Anche Luca Poma, portavoce di Giù le Mani dai Bambini, movimento italiano di farmacovigilanza in età pediatrica, interviene nel dibattito: «Affermazioni allarmistiche di questo genere non fanno che aumentare il senso di ansia dei genitori e aprire la porta agli abusi di psicofarmaci, magari in automedicazione con intenti erroneamente preventivi».

«La presa in carico dei ragazzi è inquadrata nell’ambito di un approccio multimodale, ovvero una terapia comportamentale e/o psicologica, a cui può essere associata una terapia farmacologica, ma solo quando strettamente necessario – ribatte Mencacci – La scelta del trattamento per l’ADHD è complessa, non esiste un trattamento unico per tutti. Ogni intervento va adattato alle caratteristiche della persona in base all’età, alla gravità dei sintomi, ai disturbi secondari, alle risorse cognitive e alla situazione familiare e sociale», conclude il medico.

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