Adhd, malati o soltanto immaturi?

Di: Davide Mancino – Fonte:  L’Unità

Un bambino immaturo è un bambino malato? Uno studio svedese pubblicato di recente sembra gettare nuova luce su una delle condizioni psichiatriche più diffuse e controverse: l’Adhd, cioè la sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Una malattia caratteristica dei bambini fra i 3 e i 6 anni, curata con un mix di terapie del comportamento e farmaci dagli effetti simili a quelli dell’amfetamina. Nulla su cui scherzare, insomma.
Secondo una ricerca effettuata dal National Board of Health and Welfare, infatti, ai nati negli ultimi mesi dell’anno è più probabile che venga diagnosticata l’Adhd. Il 34 percento in più, per l’esattezza. Bjorn Kadesjö, direttore del reparto di neuropsichiatria infantile presso il Sahlgrenska Hospital di Goteborg, non crede a una coincidenza. Sono numeri che “potrebbero riflettere la maggiore immaturità dei ragazzi, incapaci di gestire la pressione della scuola”, dice. Molte di queste diagnosi, dunque, non sarebbero dovute a un problema psichiatrico ma alla semplice differenza di età rispetto ai loro compagni più grandi. Lo schema sembra inoltre confermare quanto ipotizzato da studi precedenti: Richard Morrow, ricercatore della University of British Columbia, analizzando i dati relativi a quasi un milione di bambini aveva già suggerito un collegamento di questo tipo.
La sindrome è in effetti molto difficile da individuare: i sintomi comprendono l’incapacità di prestare attenzione o concentrarsi, sognare ad occhi aperti, muoversi di continuo, interrompere le conversazioni altrui. Comportamenti tutt’altro che rari nei bambini. L’americano National Institute of Mental Health stima che fra il 3 e il 5 percento dei bambini soffrano di Adhd, ovvero circa due milioni soltanto negli Stati Uniti. In Italia gli psichiatri hanno iniziato dal 2007 a trattare i bambini affetti da questa condizione, e da allora più di 1600 di essi sono stati curati attraverso i farmaci.
Un bambino immaturo è un bambino malato? Uno studio svedese pubblicato di recente sembra gettare nuova luce su una delle condizioni psichiatriche più diffuse e controverse: l’Adhd, cioè la sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Una malattia caratteristica dei bambini fra i 3 e i 6 anni, curata con un mix di terapie del comportamento e farmaci dagli effetti simili a quelli dell’amfetamina. Nulla su cui scherzare, insomma.
Secondo una ricerca effettuata dal National Board of Health and Welfare, infatti, ai nati negli ultimi mesi dell’anno è più probabile che venga diagnosticata l’Adhd. Il 34 percento in più, per l’esattezza. Bjorn Kadesjö, direttore del reparto di neuropsichiatria infantile presso il Sahlgrenska Hospital di Goteborg, non crede a una coincidenza. Sono numeri che “potrebbero riflettere la maggiore immaturità dei ragazzi, incapaci di gestire la pressione della scuola”, dice. Molte di queste diagnosi, dunque, non sarebbero dovute a un problema psichiatrico ma alla semplice differenza di età rispetto ai loro compagni più grandi. Lo schema sembra inoltre confermare quanto ipotizzato da studi precedenti: Richard Morrow, ricercatore della University of British Columbia, analizzando i dati relativi a quasi un milione di bambini aveva già suggerito un collegamento di questo tipo.
La sindrome è in effetti molto difficile da individuare: i sintomi comprendono l’incapacità di prestare attenzione o concentrarsi, sognare ad occhi aperti, muoversi di continuo, interrompere le conversazioni altrui. Comportamenti tutt’altro che rari nei bambini. L’americano National Institute of Mental Health stima che fra il 3 e il 5 percento dei bambini soffrano di Adhd, ovvero circa due milioni soltanto negli Stati Uniti. In Italia gli psichiatri hanno iniziato dal 2007 a trattare i bambini affetti da questa condizione, e da allora più di 1600 di essi sono stati curati attraverso i farmaci.

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