La diagnosi dell’ADHD (Sindrome da Deficit di Attenzione e Iperattività)

Di questa presunta patologia non vi è traccia nella storia (a meno che non si vogliano riesumare i lavori di Rudin e della Erlenmeyer-Kimling sulla “minima disfunzione cerebrale”, vedi aspetti etici). Non vi sono cioè persone che ne lamentavano la sintomatologia, interpretandola come “patologica”, così come possiamo invece affermare nel caso di tubercolosi, peste, ulcera gastrica o qualsiasi altra patologia di natura organica.

Alcuni studiosi hanno osservato, studiando le biografie di noti ed eccelsi personaggi, che molti di questi sarebbero stati etichettati come affetti da ADHD, se fossero vissuti ai nostri tempi negli USA e sottoposti a test quali quelli attualmente utilizzati per la diagnosi dell’ADHD (da Andersen a Beethoven, da Hemingway a Dalì, da Eisenhower allo scienziato Steven Hawkins). Stalin, Mengele ed altri uomini tristemente noti, erano invece bambini assolutamente normali, sempre adottando i criteri attualmente seguiti per la diagnosi dell’ADHD. Per una patologia che secondo i suoi sostenitori colpirebbe una percentuale di popolazione infantile ricompresa tra il 3% ed il 20% (!) ciò appare perlomeno curioso.

Gli antropologi ricordano che una qualunque alterazione genetica negativa che si manifesti, in qualsiasi specie, in una percentuale superiore al 3%, porta inevitabilmente all’estinzione della specie stessa. Perché non ci siamo estinti è quindi un mistero. Si tratterebbe allora di una alterazione positiva? L’ADHD è una nuova entità patologica? La campagna per diffonderne il verbo sarebbe dunque una crociata per la salvezza dell’umanità?

L’ADHD è di fatto una diagnosi fondata unicamente sul riscontro di sintomi. Se in medicina si procedesse seguendo il medesimo criterio diagnostico, giungeremmo per assurdo ad una catalogazione delle malattie simile a quella seguente (diagnostica medica basata sui SINTOMI):

entità sintomatologica

vera entità

DOLORANTI

fratture, lussazioni, traumi
gravi infezioni acute
nevralgie
cancro in alcune fasi
infarto acuto
alcuni avvelenamenti
soggetti affetti da emorroidi

simulatori

PROSTRATI

anemici
malati terminali senza dolore
AIDS
epatopatici
cardiopatici (alcune forme)
disidratati, denutriti
pigri

AGITATI

ipertiroidei
epilettici
morbo di parkinson
corea di H. e altre simili
intossicazioni da alcuni farmaci
alcuni avvelenamenti
irritazione ed altri sbalzi umorali

NON PARLANTI

collassati / svenuti
coma (di vario grado)
ictus
muti
laringectomizzati
oppositori politici, muti per protesta
religiosi con voto del silenzio


L’utilizzo di un insieme di sintomi, in sostituzione ad un singolo sintomo, non porta evidentemente a nessun ulteriore avanzamento sotto il profilo scientifico.

Al di là dell’aspetto umoristico dell’approccio, non possiamo non rilevare che scopo della scienza è capire, comprendere, e a tal fine è necessario differenziare e trovare affinità o similitudini. Catalogare insiemi sintomatologici non conduce a nessuna verità definita, casomai introduce accorpamenti di entità diverse per natura, origine e forma. Con la parola “ADHD” si rischiano di racchiudere fenomeni di natura e forma completamente differenti tra loro.

I test utilizzati oggigiorno per la diagnosi di ADHD rientrano appieno in questo inconsistente “standard” qualitativo (ecco alcune domande, riferite a bambini di due -otto anni):

.

Disattenzione

  • spesso non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di distrazione nei compiti scolastici, sul lavoro, o in altre attività;
  • spesso ha difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti e sulle attività di gioco;
  • spesso non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente;
  • spesso perde gli oggetti necessari per i compiti scolastici o per le attività (per esempio i giochi, compiti di scuola, matite, libri e strumenti);
  • spesso è distratto da stimoli esterni;
  • spesso è sbadato nelle attività quotidiane

Iperattività

  • spesso muove con irrequietezza mani o piedi o si dimena sulla sedia;
  • spesso lascia il proprio posto a sedere in classe o in altre situazioni in cui ci si aspetta che resti seduto;
  • spesso corre e salta dovunque in modo eccessivo in situazioni in cui ciò è fuori luogo;
  • spesso “parla troppo”

.Impulsività

  • spesso “spara” le risposte prima che le domande siano state completate;
  • spesso ha difficoltà ad attendere il proprio turno;
  • speso interrompe gli altri od é invadente nei loro confronti (per esempio si intromette nelle conversazioni o nei giochi)

(la pretesa scientificità di criteri come “spesso” e “frequentemente” è una novità assoluta in medicina)

Questi test paiono identici e – a detta dei medici più critici sul fenomeno ADHD – hanno lo stesso valore di quelli che saltuariamente appaiono, specie in alcune riviste femminili ma anche maschili, dove il lettore si diverte ad esprimere il proprio parere su di una serie di domande a risposte chiuse (si/no), per sapere, ad esempio, se è geloso, timido o “sfortunato”. Tali “strumenti” trovano una loro giusta collocazione nella comunicazione mediatica a fine ludico e di intrattenimento: assurgerli a mezzo di diagnosi clinica rischia di apparire quanto meno ridicolo. Ulteriore nota di preoccupazione è data dalla circostanza che sono gli insegnanti – spesso non adeguatamente formati – a somministrare questi test.

Nessuno vuole negare che esistano bambini con problemi di varia natura e genere; che vi siano anche bambini che manifestano un’esasperata iperattività, disattenzione e difficoltà di apprendimento è certo, ma racchiuderli solo ed in un’unica categoria nosologica ed affermare che questi siano un numero così enorme, rischia di apparire come un’operazione di marketing, in quanto le cause di questo fenomeno potrebbero essere molte e diverse.

Quanto poi al numero enorme che viene propagandato (non meno del 3% o il 12% o il 15% o il 20% dei bambini, a seconda della fonte!), qualunque medico o pediatra che abbia avuto una carriera anche solo di pochi anni può chiedere a se stesso e rispondere onestamente alla seguente domanda: quanti casi di questo genere mi sono veramente capitati, quanti ne ho visitati e curati?

Per chiunque nutrisse ulteriori dubbi, riteniamo opportuno promuovere le seguenti riflessioni.

Se l’ADHD è una vera malattia biologica, l’onere della prova è carico di chi lo sostiene.

La prova deve consistere di:

  • alterazioni anatomo patologiche (o biologico – molecolari) rilevanti per sensibilità e specificità, nel rapporto tra la popolazione sana e quella malata;
  • esami clinico strumentali che rilevino alterazioni con sufficiente sensibilità e specificità, nel rapporto tra la popolazione sana e quella malata;

Se ciò esistesse, l’ADHD diverrebbe una malattia neurologica, vi sarebbero test specifici biologici per confermare la diagnosi e nessuno ricorrerebbe più, se non eventualmente in fase anamnestica, all’utilizzo dei test attuali ai fini diagnostici. Ciò permetterebbe persino di evidenziare i malati asintomatici.

Sino a che queste prove non esistono, circa l’organicità di questo fenomeno siamo nel campo delle opinioni.

Affermazioni come quelle udite sinora, quali: “l’ADHD è un disturbo eterogeneo e complesso, multifattoriale – nell’80% dei casi di natura genetica – associato ad una comorbilità con altri disturbi nel 70% dei casi”, non aggiungono né modificano nulla a quanto descritto. Servono forse, utilizzando termini sconosciuti ai profani, ad impressionare il pubblico con piglio sacerdotale.

Si è anche cercato di avvalorare la scientificità dell’ADHD tramite affermazioni relative al consenso di molti autorevoli psichiatri e di alcuni pediatri, ma non è dall’elenco dei sapienti che si trae la verità, tantomeno quella scientifica, bensì dalle prove scientifiche in quanto tali.

Una nota associazione americana, la CHAD, che è significativamente finanziata dalla casa farmaceutica Ciba/Novartis (produttrice del Ritalin, il più venduto farmaco attualmente in commercio per queste “terapie”), definisce l’ADHD una “malattia cerebrale di origine biologica”. I ricercatori del National Institute of Mental Heart (NIMH, il centro studi USA per queste patologie), incluso in prof. Castellanos (sostenitore dell’origine biologica al 100% della sindrome), dominano il “Comitato Consultivo Professionale Nazionale” (coordinamento di medici ed esperti) ed approvano il pronunciamento di “malattia” promosso dalla CHAD.

Il prof. Nasrallah [3] fece però lo scanning su maschi adulti trattati per iperattività infantile e concluse: “…l’atrofia corticale può essere un effetto avverso a lungo termine di questo trattamento farmacologico.”. Ecco quindi che il “deficit” potrebbe essere causato dal farmaco utilizzato per le cure, e non dalla supposta “malattia” (!). Nonostante il fatto che a tutti i gruppi-soggetto trattati da Castellanos furono somministrati stimolanti, i ricercatori – per lo più del NIMH – seguitarono a dichiarare l’atrofia cerebrale quale prova che l’ADHD fosse una malattia, evitando lo studio di gruppi di bambini droga-esenti. Nel 1996 Castellanos [4] dichiarò: “Uno studio replica con ragazzi stimolanti-esente con l’ADHD è in cantiere.” Un simile studio non è mai apparso, e quindi a tutt’oggi è impossibile sapere con esattezza se le disfunzioni segnalate sono causate da qualche patologia oppure dallo stesso farmaco utilizzato per la “cura”.

Alla Conferenza di Consenso del 1998, sempre citata come “fonte indiscutibile” dai promotori della soluzione farmacologia, il dr. Swanson (presentatore) e Castellanos[5] riassunsero: “…ricerche recenti forniscono prove che un fenotipo raffinato di ADHD/HKD (disordine ipercinetico) è caratterizzato da riduzione in grandezza in regioni neuroanatomiche specifiche…”

Il prof. Baughman[6] (notissimo esperto internazionale in materia) chiese : “Dr. Swanson, perché non menziona che virtualmente tutti i soggetti con ADHD negli studi di neuroimmagine sono stati sottoposti a terapia stimolante cronica, e che questa stessa terapia è la probabile causa della loro atrofia cerebrale…?”. Swanson rispose: “… questa è una questione critica… sto progettando uno studio per investigare ciò”, studio anche in questo caso mai effettuato.

La stessa dichiarazione finale della Commissione della Conferenza di Consenso[7], recita: “… non abbiamo un test indipendente e valido per l’ADHD, e non vi sono dati indicanti che l’ADHD sia dovuto ad un mal funzionamento cerebrale…”

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