La Sindrome da Deficit dell’Attenzione e Iperattività esiste davvero

Schietto e rispettoso scambio di commenti tra il nostro Portavoce, il giornalista Luca Poma, e una mamma giustamente preoccupata per la salute del proprio figlio, ma – almeno in prima battuta – particolarmente determinata nel “difendere” l’esistenza dell’ADHD come malattia…

Cari Italians, negli ultimi anni si sono avuti diversi casi di bambini a cui è stata diagnosticata la Sindrome da Deficit dell’Attenzione e Iperattività (ADHD). Il fronte popolare si è subito mostrato compatto: questa malattia non esiste, si tratta solo di bambini un poco più dinamici di altri che gli adulti, invece di accogliere, classificano come malati. Premesso che sono contro le facili diagnosi di malattia e che mi oppongo alla somministrazione di farmaci per questi casi, se non per situazioni gravi e per un tempo limitato, vorrei dire la mia da madre di un bambino con l’ADHD. Spiace deludere, ma questa patologia esiste: non è l’invenzione di qualche psichiatra annoiato. Ovvio che nessuno va etichettato per un disturbo di cui soffre, ma negare la realtà e dire “è solo un bimbo”, mi pare superficiale, riduttivo e miope. Mio figlio, così come altri bambini ADHD, è un bambino estremamente difficile da gestire. Non è “solo un po’ agitato”, e la colpa non è degli adulti che “hanno la soglia di tolleranza bassa”. Può darsi che sia un bambino psicologicamente evoluto e portatore di una mentalità innovativa, come si teorizza, ma ciò non toglie le complicazioni e i problemi a cui noi e altre famiglie facciamo fronte ogni giorno. Si tratta di supportare una personcina che, per esempio, non è capace di stare ferma e se ne lamenta (“ho le gambe che si muovono da sole e non riesco a dormire”), che non riesce a concentrarsi facilmente e cambia attività ogni qualche minuto. Che ha difficoltà nei rapporti con gli altri, che rompe di continuo oggetti, se ne dispiace, ma non riesce ad evitarlo. E molto altro. Se prendiamo atto che la situazione è particolare e va affrontata, allora saremo in grado veramente di dare una mano a questi bambini. Non per standardizzarli e toglier loro la vivacità, ma piuttosto per farli star bene con se stessi e gli altri. Far finta che tutto sia a posto può portare solo a creare maggiori problemi e difficoltà di quelli che già esistono.
Serena Materni

In relazione alla lettera La Sindrome da Deficit dell’Iperattività esiste davvero, ci tengo a invitare mamma Serena a non cadere nella trappola delle “etichette” (nonostante lei stessa dica di non voler correre questo rischio): dire che esiste la Sindrome significa appunto applicare un’etichetta diagnostica validando l’esistenza di una malattia organica, che quindi non potrà che essere curata con psicofarmaci, di cui si fa abuso documentato ovunque nel mondo e che hanno dimostrato un profilo rischio/beneficio davvero discutibile, dal momento che espongono a effetti collaterali pericolosi e non curano nulla (smettendo di somministrarli, il disturbo torna tale e quale). Esistono disturbi di comportamento, a volte – purtroppo – anche gravi? Certo che esistono: bambini ingestibili, male inseriti a scuola, penalizzati, a volte (per fortuna raramente) pericolosi per se stessi e per gli altri. Vanno presi in carico? Ci mancherebbe, certo che si. Ma le cause non sono da cercarsi in una nuova malattia (tanto comoda al marketing di chi gli psicofarmaci deve venderli): è una costellazione aspecifica di sintomi, nel senso che l’iperattività e il deficit di attenzione sono presenti in quasi trecento diverse patologie. Non cadiamo nella trappola: indaghiamo la radice vera e profonda di questi anormali comportamenti, non ci fermiamo alla superficie somministrando pastiglie che non fanno nient’altro che sedare il sintomo. Solo così renderemo un buon servizio al bambino. Grazie

Gentile Dr. Poma, grazie per avermi scritto. Non penso sia giusto etichettare nessuno e lo ribadisco. “Etichettare” per me significa pensare “Mio figlio È ADHD” invece di “ho un bambino che ha delle difficoltà e va supportato”. Cerco di non etichettare, anche se qualche volta può darsi che mi sia successo. Mio figlio non assume farmaci, ci siamo rifiutati. Nella mia lettera ad Italians ho reso molto chiaro che sono contraria ai farmaci. Il mio intervento non era per nulla a favore di questi, nè a favore dell’usare il concetto di malattia come scusa. Le ultime righe del mio pezzo sono inequivocabili: i bambini vanno aiutati, non sedati. Sono certa infatti che la malattia o patologia o condizione di salute o ciccibum, o lo si chiami come si preferisce, sia un disturbo molto complesso e che vada trattato alla radice e non coperto con una medicina. Più in generale, credo che nessuna malattia mentale o fisica si possa risolvere con un farmaco, ma guardando invece le cause psicologiche. Mio figlio ha diversi professionisti, tra psicologi e pedagoghi, che lo seguono e noi, da genitori, cerchiamo di fare del nostro meglio per aiutarlo, insegnandogli comportamenti diversi, più produttivi per lui. Purtroppo mi è capitato di leggere articoli in cui l’ADHD viene molto sottovalutata, spacciata quasi per una fantasia degli adulti e per il quale non far nulla, se non aspettare che giungano tempi migliori. Come madre mi sento invece mi sento invece molto affaticata dall’ADHD di mio figlio e mi da un fastidio tremendo quando si sottovalutano le difficoltá che questi bimbi hanno e portano. Come se l’unica causa fossero dei genitori un po’ intolleranti della naturale vivacità infantile!

Saluti,
Serena

Salve Serena, grazie innanzitutto per avermi risposto. Forse la stupirò, ma io non sono contrario ai farmaci. Nel senso: non di per se. Non può esistere un approccio “ideologico”, a mio avviso. Sono (siamo) contrari all’uso che se ne fa troppo spesso, abitualmente, e soprattutto giudichiamo poco onesto intellettualmente da parte di certi specialisti ostinarsi a non voler chiamare le cose con il proprio nome (prodotti sintomatici) e continuare a illudere le famiglie parlando di “cura”, quando è più che noto che questi farmaci non curano alcunché.
Nel merito di quanto mi scrive, parlare di “ADHD” significa di fatto legittimare un etichetta diagnostica che purtroppo ha come pressoché unica terapia possibile quella farmacologica (disturbo biologico = farmaco, non si scappa). Il problema, Eve, è molto più “culturale” di quanto possa sembrare, e le parole sono i vestiti dei nostri pensieri 🙂
Può consultare, se ritiene, il nostro manifesto scientifico a questa URL: http://www.giulemanidaibambini.org/area-scientifica/consensus-adhd/italiano
In ultimo, sono d’accordo con Lei sui rischi di “sottovalutazione” del disagio e dei problemi di comportamento dei bambini: non solo non giovano a nessuno, ma sono a nostro avviso “gravemente colpevoli” coloro che parlano di “semplice vivacità” anche per i casi estremi, perché se e quando si arriva allo psicofarmaco come unica opzione possibile, vi si arriva proprio a causa di una sottostima del problema troppo protratta nel tempo.
Voglia gradire i nostri più calorosi e sinceri auguri per il futuro di Sua figlio, e la nostra incondizionata solidarietà e stima per il suo impegno con Lui. Il tempo siamo certi la ricompenserà a piene mani.
Un saluto cordialissimo,
Luca Poma

Grazie Luca della discussione civile e anche produttiva. Sottoscrivo ogni parola della sua e-mail e mi è piaciuto molto anche il manifesto scientifico.
Viviamo in Germania e l’assistenza che riceviamo per il problema di nostro figlio è di altissimo livello e per giunta del tutto gratuita.
Congratulazioni per il vostro lavoro e molti in bocca al lupo per i vostri importanti obiettivi!
Saluti,
Serena

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