Interazioni tra farmaci pediatrici: le adolescenti sono più a rischio

Interazioni tra farmaci pediatrici: le adolescenti sono più a rischio

Articolo di Farmacista33 da fonte: Pediatrics 2018. doi: 10.1542/peds.2018-1042 – https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30150214

Negli Stati Uniti un bambino su cinque usa regolarmente medicinali soggetti a prescrizione medica, e quasi uno su 12 di questi piccoli pazienti è a rischio di sperimentare danni dovuti a un’interazione tra farmaci, con un pericolo particolarmente degno di nota per le adolescenti. È questo il quadro che viene presentato da un’ampia ricerca dell’Università dell’Illinois di Chicago, pubblicata su Pediatrics.

«I nostri risultati non solo forniscono informazioni preziose su quanti giovani negli Stati Uniti usano regolarmente farmaci prescritti, ma soprattutto dimostrano che l’uso contemporaneo di più farmaci è comune e presenta un rischio potenziale» spiega Dima Qato, autrice principale del lavoro.

I ricercatori hanno analizzato retrospettivamente i modelli di utilizzo dei farmaci in oltre 23.000 bambini e adolescenti sulla base dei dati raccolti nell’ambito del National Health and Nutrition Examination Survey dal 2003 al 2014. Ebbene, da questi dati è risultato che quasi il 20% dei bambini aveva usato almeno un farmaco soggetto a prescrizione, quasi il 14% in maniera cronica (per più di 30 giorni) e il 7% in maniera acuta (per meno di 30 giorni). L’analisi ha anche dimostrato che l’uso di farmaci aumentava con l’età, passando dal 14% nei bambini di età inferiore ai cinque anni al 22% negli adolescenti dai 13 ai 19 anni.

I medicinali più comunemente prescritti erano agenti respiratori, utilizzati principalmente per la gestione dell’asma, tra cui broncodilatatori e modificatori dei leucotrieni, e psicofarmaci, tra cui stimolanti del sistema nervoso centrale e antidepressivi, notoriamente associati a effetti avversi rari ma gravi come pensieri suicidari, sindrome serotoninergica e persino morte improvvisa. I ricercatori sottolineano in particolare il rischio di prolungamento dell’intervallo QT associato all’uso di antidepressivi, in quanto si tratta di una condizione spesso asintomatica che può causare morte improvvisa, un problema sottovalutato nei bambini.

«Anche se ci sono benefici per la salute associati a questi farmaci, i modelli con cui essi vengono usati sono preoccupanti perché il suicidio è una delle principali cause di morte nei ragazzi più grandi e ci sono prove che l’uso combinato di alcuni farmaci possa aumentare l’insorgenza e la gravità dei pensieri e dei comportamenti suicidari» aggiunge Qato.

Sebbene questo studio non abbia valutato l’incidenza di eventi avversi specifici associati all’uso di più farmaci soggetti a prescrizione, gli autori sperano che i risultati siano utilizzati per migliorare gli sforzi preventivi e promuovere la consapevolezza delle potenziali interazioni e dell’aumento dei rischi associati a questo modello di prescrizione. Suggeriscono inoltre che si arrivi alla definizione di un elenco di farmaci e combinazioni associati con il prolungamento del QT e con rischi suicidari da incorporare nelle linee guida e negli strumenti di screening per la depressione.

«Ma quanti dovrebbero essere gli avvisi ai medici, e come potrebbero essere proposti?» Se lo chiede in un editoriale di accompagnamento Stephen Downs, della Indiana University, Indianapolis. «Il dilemma è che fornendo pochi avvisi si avranno casi di danni da interazione occasionale, ma se gli avvisi saranno troppi, i medici inizieranno a ignorarli del tutto. La soluzione sta nel selezionare gli avvisi con il giusto equilibrio tra falsi positivi e falsi negativi» sottolinea l’editorialista. «La tecnologia dell’informazione è una strategia promettente per evitare i danni da interazione potenzialmente gravi, ma l’approccio deve essere attento, e soppesare i rischi e i benefici reali» conclude.

Pediatrics 2018. doi: 10.1542/peds.2018-1042
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30150214

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